Il ritorno dello Jedi: intervista a Richard Marquand

Il regista di Il ritorno dello Jedi racconta la sua passione per la saga di Guerre stellari, in questa rara intervista apparsa per la prima volta sul numero 71 di Starlog.
Il ritorno dello Jedi - Star Wars


Quando sono andato a vedere Guerre stellari sono rimasto completamente travolto da questa nuova esperienza, dal respiro mitologico ma anche dalle invenzioni della storia e dal livello tecnico della realizzazione. Non avevo mai visto niente del genere a livello cinematografico, quindi è stato un enorme piacere sapere che ci sarebbe stato un seguito. È stato come se un parente che non vedessi da anni avesse telefonato per dirmi che sarebbe passato da casa mia. Credo che sarebbe stato impossibile dedicare due anni della mia vita a Il ritorno dello Jedi se non mi fossi sentito un fan totale della saga.

Sapevo che George Lucas stava cercando un regista e sapevo anche che non voleva uno della vecchia scuola, del tipo che aspetta di avere la luce giusta prima di girare l'inquadratura che ha in testa. Serviva qualcuno in grado di improvvisare, di prendere decisioni su due piedi. George in quel momento era a Londra per lavorare sulla colonna sonora di I predatori dell'arca perduta, per cui ne approfittò per venire a incontrarmi mentre lavoravo al montaggio di La cruna dell'ago. Il suo agente mi chiamò alla moviola e chiese se potessi mostrargli il film. Dissi ovviamente di sì, anche se il montaggio era ancora a uno stadio embrionale. Ma Lucas era un regista che ammiravo, per cui accettai, anche perché sono orgoglioso di La cruna dell'ago, nel senso che ho ottenuto in larga misura il risultato che mi ero proposto.

Dissi subito a George che, per fare un buon lavoro, avrei avuto bisogno di tutto il supporto necessario per gli aspetti che mi erano nuovi. La galassia di Guerre stellari appartiene a George, ma dirigere un film significa prenderne il timone. Ci sono un sacco di chiacchiere su registi che vengono comandati a bacchetta dal produttore, ma la verità è che la maggior parte dei produttori non sarebbe in grado di mettere insieme un film. Per fare un lavoro del genere c'è bisogno che al timone ci sia una sola persona, e questo George lo sa benissimo. Tutto sta a raccontare la storia a modo tuo, cercando di farlo al meglio. Devo dire comunque che a me piace moltissimo come George ha impostato il primo Guerre stellari, mi è sembrato il modo più intelligente di trattare la materia. È riuscito a dargli una leggerezza di superficie, anche se dietro ci sono sottotesti molto densi e complessi. Devo dire che preferisco il suo approccio a quello di Irvin Kershner, anche se il suo stile era adatto al secondo capitolo, molto più cupo e metallico. Credo comunque che questo terzo episodio abbia un tono ancora diverso. Anch'io ho cercato di rendere apparentemente semplice un tessuto narrativo estremamente complesso.


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